Allenare un Under 12

logo centro studiMi fa molto piacere pubblicare questo articolo di Simone Andreucci, mio collaboratore nella prima squadra delle Fiamme Oro Rugby, che nel corso di questa stagione ha anche seguito i ragazzi delle nostre giovanili. L’argomento trattato è molto vasto e complesso, ma in poche righe credo siano riassunti dei punti chiave dai quali non si può prescindere se si vuole far crescere i ragazzi, in maniera multilaterale. Inoltre Simone ci da anche un idea di una seduta di allenamento dove si nota come i ragazzi sia “costretti”, in una sola seduta di allenamento, a dover risolvere problemi tecnici, tattici, motori\coordinativi senza soluzione di continuità, il tutto legato dal gioco.

 

PROPOSTA DI ALLENAMENTO U 10-12

 

Introduzione e “mete”

Alcuni fattori, negli ultimi anni, tra i quali l’elevato numero di bambini per categoria, la limitata disponibilità del campo e la necessità di intensificare l’attività motoria (visto il sempre meno tempo e la scarsa possibilità di muoversi a scuola e a casa), ci hanno indotto a cercare ed utilizzare altre metodologie di allenamento.

Il nostro obiettivo primario è quello di creare un ambiente mentalmente stimolante per “l’atleta”, quindi proponendo allenamenti, nel contenuto didattico e nell’ordine temporale delle proposte, sempre diversi.

Il secondo traguardo che intendiamo raggiungere è rendere partecipi più ragazzi possibili nello stesso momento. Coinvolgendoli nelle varie attività, si ha la possibilità di rendere la seduta più intensa, divertente e varia, che è, poi, quello di cui il gioco del rugby necessita.

La fase evolutiva che attraversano i bambini di queste categorie, ma anche i più piccoli, impone, oltre l’insegnamento della disciplina e del controllo dell’aggressività (tenendola un’esclusiva del campo, dell’azione di gioco), di creare una larga base motoria, attraverso l’interdisciplinarietà e la multilateralità. Questo perché, bisogna formare prima degli atleti, e poi dei rugbisti. Il rugby è uno sport completo: ci sono gesti tecnici fini come calciare, con le mani passare, lanciare e afferrare, ci sono fasi di contatto, altre fasi in cui si deve evitare, difendere e attaccare, correre e saltare, frenare, cambiare direzione, accelerare, spingere e lottare, torsioni e instabilità. Questa varietà di gesti, rispetto ad altri sport monolaterali o ciclici, è molto appassionante per i bambini perché permette di eccellere in una cosa a sfavore di un’altra, per esempio essere veloci e tecnici, ma non essere lottatori (stimolando il coraggio di affrontare situazioni complicate), o viceversa. Di contro, per l’educatore, è difficile trovare il tempo e il modo per far migliorare in maniera dettagliata tutte queste abilità. Possono venire in aiuto, in questo caso, alcuni gesti propri di altri sport, oltre l’insegnamento della tecnica individuale attraverso la ripetizione del gesto (in una situazione che si avvicina alla partita, quindi contro un avversario, con uno o più compagni etc.). Attraverso dei giochi, che possono richiamare anche un altro sport, oppure con l’utilizzo di diversi strumenti, oltra la palla da rugby, si creerà un bagaglio di gesti e abilità, che, quando sarà più grande, potrà farne uso, creando soluzioni più velocemente ed efficacemente.

Stiamo sperimentando, anche, l’uso di alcune schede valutative che hanno molteplici funzioni: monitorare i progressi dei bambini; creare uno storico del piccolo atleta che potrebbe essere utile al nuovo allenatore, nel cambio di categoria, per avere un’indicazione dei pregi e delle cose da migliorare del bambino, risparmiando sul tempo che serve a conoscere i; dare una statistica generale sui punti di forza e sulle lacune medie della categoria o di più categorie. Gli argomenti principali delle schede sono: aspetti attitudinali, tecnici e fisici.

 

Metodo

1- Ogni categoria è composta di 30-36 bambini.

Divisione in 3-4 gruppi da 8-12 bambini ognuna. In base al tipo di lavoro proposto, i gruppi possono essere eterogenei e omogenei. Nel primo caso si formano gruppi con simile livello motorio o tecnico, sia per stimolare chi ha più esperienza motoria con uno di pari livello, sia per non intaccare l’equilibrio psicologico di un bambino, che con delle competenze motorie e tecniche ancora grezze, si vedrebbe sempre prevaricato. Nel secondo caso i gruppi sono formati in modo da contrapporli equamente, per cercare di dare più esperienze stimolanti anche ai bambini con un bagaglio motorio e tecnico meno sviluppato.

2- Grazie all’utilizzo di due o più allenatori si possono creare almeno 2 o 3 stazioni di lavoro.

Queste possono essere di varie categorie:

  • 2 stazioni – la prima collettivo totale o parziale (gioco, partita pilotata dall’allenatore) la seconda rango ridotto riguardante il tema dell’allenamento oppure stazione in cui si predilige il tema motorio (tema descritto più avanti) oppure gioco ludico (lontano dalle regole del rugby, con palloni differenti, rubabandiera, gioco dei passaggi etc.)
  • 3 stazioni – la prima collettivo totale o parziale (spaccato della partita pilotata dall’allenatore) la seconda rango ridotto la terza a carattere motorio

3- L’attivazione o parte iniziale dell’allenamento cambia sempre nei modi e nei tempi: griglie di passaggi, esercizi di lotta (distesi a terra, in piedi, 4 appoggi), esercizi di rinforzo del core (indirettamente per i più piccoli attraverso percorsi e staffette a 4 zampe, camminate con 3 appoggi, per i più grandi, direttamente con posizioni isometriche e dinamiche, sotto forma di gara col compagno), basket con regole modificate, rugby touch, giochi ludici, staffette e circuiti a gara oppure direttamente partita (in modo da obbligare il cervello a svegliarsi!)

4- Tempi di lavoro intorno ai 10’- 15’ a stazione, il volume totale dell’allenamento si aggira tra i 70’-80’. Nel caso in cui vogliano e possano, i bambini vengono almeno mezz’ora prima nell’impianto sportivo. Hanno a disposizione palloni, conetti e allenatori per imparare o migliorare gesti che poi ritroveranno nell’allenamento, oppure semplicemente per correre, calciare o passare la palla, togliendosi anche un po’ di tensione accumulata nelle tante ore a scuola (seduti).

5- Tempi di recupero (che non comprendono i recuperi specifici del rugby o dell’esercizio) 1’ tra una stazione e l’altra, nel collettivo totale sono ristretti, nel limite del possibile e delle esigenze tecniche. Le pause per bere, per cambiare esercizio e per formare i gruppi di lavoro sono scandite dal fischio dell’allenatore. Non devono confonderli con momenti di pausa vera e propria, ma sono parte dell’allenamento: più si perde tempo e meno si gioca!

 

Esempio di una seduta di allenamento

16.30 arrivo dei ragazzi – calci di spostamento, calci piazzati, drop, passaggi con l’aiuto dell’allenatore per affinare la tecnica

17.00 inizio allenamento – discorso iniziale con appello, presentazione dell’allenamento e dell’obiettivo, e divisione in 2 gruppi di livello motorio differente, e ognuno in altri 2 sottogruppi equilibrati.

17.05 inizio giochi – 2 gruppi si sfidano nel gioco dei 10 passaggi, gli altri 2 si sfidano, uno contro uno, in dei percorsi abilità (slalom, salti, corse laterali, cambi di direzione, finte con cambio braccio/pallone, capovolte, rotolate, spinte orizzontali del saccone – scegliendo in base all’obiettivo dell’allenamento)

10’ poi i gruppi si scambiano 1’ per bere nel cambio e alla fine.

17.30 inizio lavoro 3 stazioni – 2 squadre nel collettivo parziale – 1 squadra rango ridotto (1v1 presa di palla in velocità e segnare meta scappando dal difensore) – 1 squadra (gara di velocità, lotta, giochi con la palla, basket regole modificate)

10’ ogni stazione, in tutto 40’ e 1’ ogni cambio per bere.

18.15 fine allenamento

 

 

Per concludere, credo che, la relativa rigidità negli orari e nel rispetto delle regole, sia stimolante e di grande insegnamento nei piccoli atleti. Come già detto in precedenza, l’insegnamento della disciplina, anche in tenera età, crea dei presupposti per lavorare in modo più armonioso, e crei un ambiente favorevole al lavoro, cosa che si ritroverà quando il bambino diventerà un atleta seniores. In piccole quantità, vengono introdotte esercitazioni in cui l’obiettivo principale è far sviluppare un aspetto del carattere molto importante per gli atleti: la resilienza. Per definire questo termine, prendo un estratto di un famoso psicologo dello sport: “ il termine resilienza indica l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà. La resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino.”

Questa è una qualità che va appresa da piccoli, e che sarà fondamentale per crescere nello sport, ma soprattutto nella vità. Quando si è bambini, mentre si fa sport, anche svolgere un esercizio faticoso oppure un esercizio complicato può essere un evento negativo o una difficoltà. Con l’aiuto dell’educatore/allenatore, si imparano a superare queste piccole difficoltà (che agli occhi del bambino sembrano insormontabili) col sorriso.

Simone AndreucciUNDER-8-AL-VALLE

Una risposta a “Allenare un Under 12”

  1. in questa metodologia rivedo in parte quella che adotto io per la mia U12. purtroppo non ci sono molti momenti di confronto circa le categorie U8-U12 che io ritengo imprescindibili nella formazione di un giocatore ma spesso vengono trascurate.
    a parte il numero di giocatori (io ne ho la metà di quelli menzionati sopra) trovo un’ottima idea dividere il gruppo per fasce di competenza.

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